1 – LA CLASSIFICAZIONE DEL PELLET IN BASE ALLA QUALITÀ
Il marchio europeo ENplus divide i prodotti in 3 categorie a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche del pellet:
- A1 per il pellet di prima categoria, il più pregiato
- A2 per il pellet di seconda categoria, è di media qualità
- B per il pellet di terza categoria, è il più scadente adatto solo per usi industriali
2 – LA CERTIFICAZIONE E LA PROVENIENZA
Per essere sicuri che il pellet sia davvero certificato non basta però che ci sia il marchio:
deve sempre essere accompagnato da un numero identificativo dell’azienda, altrimenti non ha alcuna validità. Il numero è formato da due lettere che indicano il paese di provenienza (es. IT per Italia) e da tre cifre: IT 000
I numeri da 0 a 299 identificano i produttori, quelli oltre 300 gli importatori: sul sito di EN Plus si può verificare che il codice corrisponda al produttore o all’importatore effettivo.
Per esempio nell’immagine sopra, l’azienda è belga BE ed è un produttore 023
Detto questo, molto pellet in commercio non è certificato, anche perché circa l’80% di quello presente sul mercato italiano è di importazione: gran parte proviene da Europa e Paesi dell’Est, ma una quota anche da Usa, Canada, Sudamerica, Australia e perfino Nuova Zelanda. Se il marchio di certificazione non è segnalato, bisogna verificare che ci siano almeno il nome e i riferimenti del produttore o dell’azienda responsabile della commercializzazione.
3 – IL RESIDUO DI CENERE
Informazioni utili – come residuo di ceneri, potere calorifico e contenuto idrico – ci vengono poi dall’etichetta. Come leggere questi valori? Si può fare riferimento alla norma per la certificazione il parametro più importante è il residuo di ceneri:
A1) per il pellet certificato A1 deve essere inferiore allo 0,7%
A2) per il pellet certificato A2 deve essere inferiore all’1,5%
Pertanto un pellet con residuo inferiore all’1,5% è accettabile, ma è ancora migliore con un residuo inferiore allo 0,7%.
4 – IL POTERE CALORIFICO
Per quel che riguarda il potere calorifico, scopriamo che l’importanza di quanto scritto in etichetta è relativa. Diversi produttori indicano valori fuorvianti, scrivendo il potere calorifico del pellet allo ‘stato anidro’: possiamo trovare sulle etichette valori tipo 5,3 kWh/kg. In realtà il potere calorifico reale del pellet è attorno ai 4,7-4,8 kWh/kg, ossia circa 16 MegaJoule. Cifre più alte sono false: il potere calorifico non può essere considerato allo stato anidro ma va misurato per quello specifico pellet con il suo contenuto idrico, mediamente del 6-8%.
5 – LA MATERIA PRIMA
Anche la materia prima non è determinante per capire la qualità, fatto salvo che il pellet – come previsto dalla normativa – deve essere fatto con legno vergine che ha subito unicamente trattamenti di tipo meccanico (dunque niente scarti di falegnameria verniciati o incollati).
La specie legnosa conta fino a un certo punto. Anche se certe specie possono essere particolarmente difficili, va detto che non si trova pellet di castagno o di quercia puro, ma sempre mischiato ad altre specie, ad esempio a faggio o abete.
6 – IL COLORE
Ma la qualità del pellet si può capire a una semplice ispezione visiva?
La nota distinzione tra pellet chiaro e pellet scuro, scopriamo, non ha fondamento: può dipendere dal tipo di essicatoio, quello a tamburo tende a tostare leggermente il pellet, dandogli un colore più scuro.
La cosa importante è prendere in mano il sacco e vedere quanti residui di pellet sbriciolato ci sono: deve essere compatto, molti residui indicano pellet di scarsa qualità e che ha subito lunghi spostamenti.